
L’autoarbitraggio è la regola più odiata e meno capita della categoria Pulcini. Senza ombra di dubbio.
Dai genitori in primis, che protestano e polemizzano per le decisioni in campo (a volte prese dai loro stessi figli). Dai formatori, che spesso incappano in discussioni spiacevoli a riguardo.
E infine dai bimbi, che in questa confusione non riescono veramente ad accettare e approcciare quella che, a tutti gli effetti, è una regola fatta su misura per loro.
Perché, a parer mio, parlare di autoarbitraggio è chiamare in causa una delle regole/opportunità più importanti del calcio giovanile.
Quella che dal punto di vista dell’apprendimento e della cultura sportiva può giocare un ruolo davvero decisivo. Che insegna veramente ad essere ‘giocatori’.
In quest’articolo, voglio cercare di portare l’attenzione necessaria sul tema. Aiutarti (se ce ne fosse bisogno) a capire cos’è veramente, per iniziare ad apprezzarlo come indispensabile strumento di crescita e formazione.
AUTOARBITRAGGIO, UNA NOVITA’ POSITIVA
La decisione di introdurre l’autoarbitraggio risale alla stagione 2012/2013, come da comunicato della federazione. Una novità attesa e accolta positivamente, visti i riscontri subiti.

Non solo. Personaggi illustri come Gianni Rivera, ai tempi Presidente Nazionale del Settore Giovanile della FIGC e Componente della commissione UEFA per il Calcio di Base, si sono espressi in merito.
In prospettiva, si parlava di iniziativa in grado di dare una svolta all’attività di base.
Difficilmente si creano problemi per l’arbitraggio quando i bimbi giocano da soli. Questi si creano quando in mezzo ci sono gli adulti.
Poi è una forma di autonomia, in cui ci si abitua a prendere decisioni, a rispettare le opinioni degli altri, e a capire il ruolo dell’arbitro.

Per avere un calcio dei «grandi» più responsabile, educato, con meno tensioni, bisogna cominciare a lavorare su quelli che saranno i giocatori, i tifosi e magari anche i giornalisti di domani.
Responsabilizzarli, insegnare loro bene le regole. Ecco, allora: i Pulcini si arbitrano da soli.
Discutono, decidono, abituandosi ad autogestirsi le partite.
Avremo persone migliori. E un calcio più bello.
Noi speriamo che la gente si organizzi e lavori in un certo senso. Parlo di tecnici e genitori, per far sì che i bambini si divertano.
Che è il primo scopo di questa norma. Speriamo si capisca che è un fatto di cultura e di etica.
Mi vien da dire che si è cercato di partire con le migliori intenzioni. Che spesso però rimangono tali. Spesso di queste iniziative si prende per scontato la loro natura.
È una cosa positiva, quindi va bene così. In realtà, invece, serve volontà e capacità di saper utilizzare questi strumenti. Solo così si può centrare l’obiettivo prefissato.
PERCHE’ L’AUTOARBITRAGGIO?
Partiamo da un semplice quesito: cos’è una partita per i Pulcini? La risposta, direttamente con le parole prese in prestito dalla Guida Tecnica della FIGC.

Conoscenza del gioco, scoperta e familiarizzazione con il regolamento, contesto di apprendimento. Parole chiave che suggeriscono come l’autoarbitraggio sia quasi una necessità per coronare e completare l’esperienza partita dei bimbi.
Da qui, le quattro finalità principali riconosciute:
- Stimolare l’auto-organizzazione. In altre parole, insegnare grazie al contesto che si crea. I bambini imparano grazie al fatto che l’ambiente di gioco li stimola e facilita certe azioni. In questo caso, probabilmente l’essere stimolati a rispettare maggiormente il regolamento perché responsabilizzati a farlo.
- Conoscere e applicare il regolamento. Dovendo prendere decisioni, devono sapere le regole. Il che implica apprenderle, diventando con il tempo abili giocatori.
- Creare un clima positivo. Un ambiente favorevole favorisce l’apprendimento, questo è risaputo. Come farlo con l’autoarbitraggio un po’ meno (sarà oggetto dei prossimi capitoli). È comunque possibile, attraverso comportamenti e gestione di situazioni in maniera positiva e costruttiva. Lasciando intendere, per esempio, che ‘si arriva ad un certo punto per il bene di tutti, senza voler penalizzare nessuno’. Questo è molto distante dal concetto tradizionale di partita, e forse anche per questo utile ad allontanare dal solito clima (che spesso sfocia in polemiche o fatti spiacevoli).
- Educare ed insegnare, giocando. Un po’ conseguenza di tutti i punti precedenti. Come sostenuto anche sopra, la partita dei Pulcini è un’opportunità per imparare. E non c’è miglior modo che farlo attraverso il gioco.
IL DIRIGENTE ARBITRO, QUESTO SCONOSCIUTO
Chi, dunque, si dovrebbe occupare di promuovere questa iniziativa durante una partita della categoria?
Secondo regolamento, questa figura spesso dimenticata e trascurata del Dirigente Arbitro. Una figura super partes, adatta, dedita e formata per il ruolo.
Personalmente, io non ricordo di aver mai visto una figura simile. O quanto meno, che lo facesse nel modo giusto. O troppo, praticamente arbitrando.
Oppure troppo poco, con nessuno a supervisionare la partita lasciata nelle mani, solitamente, del mister di casa.
Ma si sa, non è facilissimo integrare questa responsabilità con quelle prettamente da campo: gestire la squadra, i cambi, ecc.
Anche perché molti, spesso, si fanno prendere troppo dalla partita, senza riuscire a mantenere le giuste lucidità e calma.
Servirebbe, come detto, una figura a parte. Un elemento sì della società ‘di casa’, ma non propriamente coinvolto.
Un secondo mister, o un addetto specifico. Che sappia però ricoprire compiti e responsabilità di questo importante ruolo (vedi sotto).

LA GUIDA COMPLETA ALL’AUTOARBITRAGGIO IDEALE
Abbiamo finora parlato di buoni propositi, finalità, ecc. È ora giunto il momento di passare al dunque.
Come dovrebbe essere l’autoarbitraggio ideale il giorno della partita? E, quindi, cosa dovrebbe effettivamente fare il Dirigente Arbitro?
1) IL PRE-PARTITA
- Sbrigare le faccende burocratiche relative a riconoscimento giocatori, ecc.
- Riunione rapida con entrambi i formatori, rivedendo insieme le modalità. Questo per dare trasparenza, creando da subito un clima positivo.
- Rinfrescare ai giocatori le finalità, così come le modalità di applicazione. Quindi, le regole e come farle rispettare (esempio: chiamare ‘fallo’ quando si pensa sia stato commesso).

2) DURANTE LA PARTITA
- Supervisionare il gioco
- Gestire tempi, sostituzioni, ecc.
- Incoraggiare le decisioni dei giocatori (esempio: “palla fuori, chi riprende il gioco? Siamo sicuri?)
- Facilitare quelle più complesse, mediando il confronto tra i giocatori interessati. Se un fallo non mette d’accordo i due, questi possono parlarsi per capire e gestire la dinamica. Così facendo, possono sviluppare capacità relazionali e valori importanti (rispetto, ecc.)
- Permettere i giocatori interessati in alcune situazioni di riflettere su di esse. Magari, facilitandoli ad arrivare ad una soluzione per la volta successiva. Esempio: la prossima volta che vuoi coprire palla, cosa è meglio usare per evitare di commettere fallo: mano o avambraccio?
- Mediare situazioni limite in cui è richiesto il suo intervento (vedi sotto).

3) IL POST-PARTITA
- Favorire ed incoraggiare il fair-play (esempio: saluto tra giocatori, tra mister, ecc.)
- Fornire eventuali ulteriori spiegazioni e/o feedback ai giocatori
- Questioni regolamentari finali (referti, ecc.)
POSSO INCORAGGIARE L’AUTOARBITRAGGIO IN ALLENAMENTO?
Domanda dalla risposta non solo affermativa, ma categorica. Sì, DEVI incoraggiare i giocatori ad abituarsi a questa pratica.
Non solo per questioni regolamentari. In realtà, anche per questo. Vuoi infatti rendere l’approccio alla partita il più semplice e familiare possibile.
Ma soprattutto, come ribadito a più riprese, le finalità di questa iniziativa riguardano principalmente la crescita e la formazione dei giocatori. E nell’autoarbitraggio c’è molto più che l’imparare le regole del gioco. Un’esperienza di apprendimento a 360°, che abbraccia dunque più aspetti della vita dei bambini.
Ecco che allora in ogni tuo allenamento dovrai:
- Permettere una conoscenza graduale delle regole durante le sessioni. Necessità, probabilmente, tipica dei gruppi più piccoli. Tuttavia, molti bambini iniziano a giocare dai Pulcini, aspetto che rende il problema d’attualità per la categoria.
- Permettere momenti di gioco cosiddetto “libero”, in cui i giocatori possano gestire e prendere decisioni.
- Essere “fiscale” nelle attività, lasciando che regole chiare e conosciute le contornino. Abitua, sin dalle prime esercitazioni della seduta, ad avere a che fare con spazi da rispettare, ecc.
- Lasciare che nei giochi, sotto la tua supervisione, siano comunque i giocatori ad arbitrare. Eventualmente, incoraggiando confronti e riflessioni su situazioni al limite o controverse.
- Sperimentare, se ti capita l’occasione, l’arbitraggio delle partite da parte dei ragazzi. In un torneo, ad esempio, la squadra che riposa può cimentarsi in questo ruolo. Un approccio diretta, facendo vivere in prima persona il ruolo complicato del giudice di gara.
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